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Ricercatori del team Metallurgia della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa: “Negli istituti tecnici serve più formazione su statistica e interpretazione dei dati”

La cultura del dato e del modello per l’industria 4.0.

03 Novembre 2025

Federico Piazza

Nell’era dell’intelligenza artificiale e della digitalizzazione dei processi industriali, la competenza non sta solo nel saper usare gli strumenti, ma nel capire il dato e interpretarlo. Per passare dalle informazioni alla conoscenza. È questo il messaggio che arriva dal team Metallurgia dell’Istituto di Telecomunicazioni, Informatica e Fotonica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, che fa ricerca applicata su progetti di modellazione e simulazione di processo e di trasformazione del materiale nelle varie fasi di produzione.

Ne parlano la professoressa Valentina Colla, responsabile del team Metallurgia, e il professore Ismael Matino, specializzato in ricerca applicata per lo sviluppo di modelli e simulazioni digitali per i processi metallurgici e siderurgici.

«Chi lavora con tecnologie data-driven deve essere consapevole che i dati, se non selezionati e interpretati adeguatamente, possono generare allucinazioni, cioè deviazioni dalla realtà», spiega Valentina Colla. «Sarebbe utile che chi si approccia a un corso universitario di alta specializzazione in metallurgia come quello della Scuola Superiore Sant’Anna avesse già una preparazione di base che permetta di svolgere un’analisi preliminare del dato, anche nelle sue informazioni statistiche più elementari».

Questa formazione base deve essere costruita fin dai percorsi scolastici di istruzione secondaria, anche negli istituti tecnico-industriali. «Sarebbe importante che gli studenti arrivassero agli studi universitari con una conoscenza più solida nell’ambito della dei dati contenuti in un dataset. Sapere quale dato serve e come usarlo significa saper scegliere gli strumenti giusti per valorizzarlo», aggiunge Ismael Matino.

Il messaggio è chiaro: la formazione tecnica del futuro non può limitarsi alla padronanza dei software o delle procedure, ma deve sviluppare negli studenti la capacità critica di leggere la realtà attraverso i numeri. È una forma di alfabetizzazione scientifica necessaria per ogni professione che si basi su tecnologie digitali e processi automatizzati.

I due professori e ricercatori del team Metallurgia della Scuola Sant’Anna spiegano che la modellazione può essere può essere physical-based o ibrida, che ultimamente si sta sviluppando con la combinazione di modelli a principi primi con modelli empirici e modelli anche data-driven di intelligenza artificiale.

Accanto alla cultura del dato, Colla e Matino sottolineano l’importanza del concetto di modello. «Tutti i modelli sono imperfetti, ma alcuni sono utili», osserva Matino. «L’obiettivo non è costruire modelli iper-complessi, ma strumenti che aiutino a comprendere e a migliorare i processi rispetto agli obiettivi fissati». In linea generale, senza scendere nei dettagli, Matino spiega che le tipologie di modelli digitali più ricorrenti in ambito siderurgico, sono quelli di scenario analysis e per le ottimizzazioni di processo.

«Ultimamente – aggiunge Matino – sta poi crescendo l’esigenza di integrabilità di modelli sviluppati in ambienti diversi dai fornitori e dalle stesse acciaierie. Ognuno generalmente ha il proprio modello. Ci sono casi di aziende del settore che non dispongono di modelli per effettuare analisi di scenario plant-wide, cioè sull’intero stabilimento: per esempio, un technology provider tende a focalizzarsi sugli impianti che fornisce, tipo il forno elettrico. In questo periodo di transizione tecnologica della siderurgia può essere utile anche cercare di vedere cosa cambia nel processo se si integrano le varie unità. Questo è un tema di ricerca avanzata che le aziende ci stanno richiedendo parecchio, ma in questi ambiti servono competenze molto avanzate di livello universitario».

A livello di scuole tecnico-industriali di istruzione secondaria, invece, secondo Colla «si potrebbe introdurre il concetto di modello attraverso esercizi semplici sui fenomeni fisici. Capire come un modello rappresenta la realtà, come si confrontano le sue previsioni con i dati reali e come si valuta la sua affidabilità è un ottimo esercizio formativo».

Un approccio del genere aiuterebbe gli studenti a costruire un ponte tra teoria e pratica, rendendo più chiaro il legame tra le leggi fisiche e le applicazioni tecnologiche. Sapere come valutare la prestazione di un modello, capire quando è attendibile e come può essere integrato con altri modelli è certamente un esercizio che sviluppa autonomia e senso critico.

Il team Metallurgia della Scuola Sant’Anna, nato quasi 25 anni fa e oggi composto da 20 ricercatori di formazione multidisciplinare – ingegneri metallurgici e chimici, ingegneri statistici, ingegneri informatici, informatici puri, matematici, ambientali – collabora con aziende italiane ed europee del settore siderurgico e metallurgico per lo sviluppo di processi innovativi e sostenibili, anche nell’ambito di programmi Ue come Horizon.

Proprio questa visione sistemica della ricerca è alla base del messaggio formativo dei ricercatori: insegnare a leggere i dati e a comprendere i modelli significa insegnare a pensare come scienziati e tecnici, non solo come utilizzatori di strumenti.

«Il nostro è un lavoro di ricerca applicata, ma anche di contaminazione culturale», spiega Colla. «L’interdisciplinarità è essenziale, così come la collaborazione con l’industria, che chiede soluzioni concrete e complete, non solo dal punto di vista tecnologico ma anche economico, sociale e ambientale. Uno dei vantaggi del nostro team è che siamo nati con una vocazione alla collaborazione con le imprese, molto più vicino alle realtà aziendali rispetto a quelle accademiche. All’inizio non è stato semplicissimo, perché 25 anni fa la disponibilità da parte delle aziende a pubblicare i risultati di ricerca applicata era nulla».

Ma poi la sensibilità è cambiata. «Ovviamente i vincoli di confidenzialità ci sono sempre, perché ci sono dei mandati su cosa si può pubblicare e cosa no. Occorre giustamente preservare la proprietà intellettuale aziendale. Ma certamente oggi le imprese hanno capito che evidenziare il supporto che danno alla ricerca e al progresso in questo settore è un beneficio anche per loro in termini di ritorno di immagine e di investimento. Inoltre – conclude la responsabile del team – se un’azienda è virtuosa nel promuovere la ricerca, ciò aumenta la fiducia da parte degli stakeholder e aiuta ad accedere a finanziamenti pubblici».

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